Il Mascheramento Tonale e Dinamico nel Mix
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Alessandro Fois è musicista, compositore, pianista, arrangiatore e fonico. Dal 2018 è anche scrittore, blogger e webmaster. Attualmente risiede ad Ivrea (Torino) dove, a complemento delle attività suddette, gestisce Lycnos, studio di servizi audio, video e web, e lo studio di registrazione Glamour Recording Studio.
Il Mascheramento Tonale e Dinamico nel Mix
Ogni mix musicale è un equilibrio unico, in cui la gerarchia degli elementi e la gestione del mascheramento tonale e dinamico giocano ruoli cruciali. Questo articolo ti guiderà nell’arte di definire priorità, ottimizzare l’incastro sonoro e valorizzare ogni traccia per creare un mix chiaro, coeso e musicalmente efficace.
Gerarchia degli elementi del mix
Gli elementi del mix assumono un’importanza gerarchica, diversa da mix a mix.
Tale gerarchia dipende da molti fattori, inclusa la natura della produzione da mixare: nell’hip-hop, per esempio, il “beat” e la voce sono generalmente gli elementi più importanti.
Nel jazz, il ride è “più importante” del kick, mentre gli “effetti spaziali” sono un elemento importante nella musica ambient e assolutamente accessori in altri generi
La grancassa è un elemento centrale nella dance music, ma essa è un po’ meno importante dello snare nella musica pop in genere.
E così si potrebbero citare molti altri esempi.
Per meglio ragionare dovremmo considerare la natura di ogni elemento e il suo ruolo nel contesto musicale complessivo, immaginando così una sorta di gerarchia specifica per ogni brano musicale.
Le voci soliste, per esempio, sono sempre di primaria importanza, ma anche i testi possono rivestire una importanza notevole, per cui la voce che “racconta” un testo “importante” (ad esempio nella canzone cantautorale) dovrà emergere più chiaramente che in altri contesti, per garantire la sua massima “leggibilità”, mentre in altri casi la voce solista potrà restare maggiormente immersa nel mix.
L’importanza relativa dei singoli elementi influenzerà il modo in cui li misceleremo, che si tratti di livelli, frequenze, effetti, panning o profondità.
Chiarire tale gerarchia può migliorare il flusso di lavoro, minimizzando i processi meno importanti, come ad esempio passare troppo tempo per affinare il suono di un pad di accordi di synth da utilizzare ad un volume molto basso in una singola strofa.
Questa priorità assume una importanza ancor più rilevante nelle “produzioni a budget chiuso”, caratterizzate da un “monte ore” prestabilito da dedicare al mix; di conseguenza potremmo avere la necessità di pianificare in maniera molto vincolante il tempo da dedicare ad ogni elemento secondo tale gerarchia e secondo la difficoltà del processo, ad esempio: 1 ora al trattamento della batteria, 15 minuti al basso, 1 ora e mezza alla voce solista e così via (ovviamente qualunque piano operativo globale che avesse a disposizione un tempo prestabilito vincolante dovrà conservare ampi margini per gli imprevisti e i ripensamenti).
Ecco perché può essere determinante saper definire volta per volta, nello svolgere una specifica operazione, quanto essa sia importante in relazione all’economia totale del brano.
Parlando di gerarchia non intendo certo dire che la tromba sia più importante della chitarra o altre cose del genere; intendo invece affermare che ogni brano musicale arrangiato e orchestrato ha al suo interno delle parti musicali più o meno importanti in corrispondenza col loro ruolo, indipendentemente da quali siano gli strumenti o le voci che le eseguono.
Ci sono brani e generi musicali specifici, ad esempio, nei quali il supporto armonico risulta più importante di quello ritmico e viceversa, ma in linea generale i criteri che definiscono la gerarchia delle parti musicali sono uguali per tutti.
Oltre ai motivi di ordine pratico di cui sopra, perché stabilire una gerarchia?
Nella orchestrazione di un brano musicale sono presenti numerose sorgenti sonore le quali, dal punto di vista tonale e dinamico, concorrono tra loro per “conquistare uno spazio di udibilità” all’interno del brano, a parziale detrimento delle altre sorgenti.
Di conseguenza, pur evitando di snaturare le singole sorgenti, si imporrà un intervento più o meno profondo sulla dinamica e sull’eq, al fine di favorire un buon incastro più che la mera sovrapposizione.
A tal fine, si aprono quindi due percorsi operativi differenti:
- ritoccare un po’ tutte le sorgenti in maniera proporzionale
- conferire la massima qualità sonora agli elementi più importanti, esponendo di conseguenza quelli meno importanti a più profondi interventi per adattarsi ai primi
Il più delle volte tra i due prediligo il secondo approccio, che permette di rispettare e di valorizzare in massimo grado gli elementi “essenziali” del mix, lasciando agli altri ingredienti il compito meno essenziale di “vestirlo”.
E’ ovvio che tra i due criteri esisteranno infinite gradazioni intermedie, più o meno adottabili secondo il contenuto sonoro dello specifico brano in lavorazione.
Qui di seguito un criterio gerarchico di esempio, che può servire d’ispirazione per alcuni ambiti di musica pop e generi correlati:
Elementi primari
Da considerare in ordine di importanza:
- elementi melodici principali (qualunque solista: voce, sax, lead guitar, pianoforte, ecc.)
- Gli elementi di marcatura e di sostegno in basso: grancassa, rullante, HH, basso
- l’elemento principale in ambito strutturale ritmico-armonico (soltanto uno, ad esempio: il pianoforte, la chitarra acustica, ecc.)
- i restanti pezzi del set della batteria o gli altro elementi percussivi principali (ad esempio congas e bongos)
Elementi secondari
Da considerare in ordine di importanza:
- fraseggi melodici secondari (back-vocals, fraseggi “obbligati” di fiati, archi, ecc.)
- elementi armonici (ad esempio accordi di archi o fiati, o tastiere, ecc.)
- elementi ritmici secondari (percussioni, chitarre ritmiche, ecc.)
- altri elementi musicali
- effetti non musicali
Quanto sopra non costituisce assolutamente un criterio rigido, poiché nei fatti ogni brano ha la sua “ricetta” che prevede una specifica preponderanza di ingredienti, così come ogni genere musicale al di fuori del rock-pop può richiedere criteri ben differenti di “gerarchia”.
E’ bene considerare che tali criteri saranno pienamente applicabili soltanto allorquando la registrazione sia avvenuta in sovra-incisione o comunque nel caso in cui l’indipendenza sonora tra le tracce audio risulti sufficientemente elevata, come nel caso di registrazioni in linea via cavo o di registrazioni acustiche effettuate in box o salette ben isolate tra loro.
Allorquando si riscontrasse un ampio influenzamento sonoro tra le tracce non si potrà invece procedere in maniera strettamente gerarchica, bensì si dovrà cercare un equilibrio generale attraverso un percorso quasi obbligato che condurrà probabilmente il mix ad una dimensione più vicina alle proporzioni originali di ripresa, al fine di riuscire salvaguardare l’integrità tonale di tutti gli elementi.
Il criterio gerarchico risulterà applicabile soprattutto in ambito pop, con riprese realizzate spesso in sovra-incisione o utilizzando stanzette isolate o registrando via cavo.
In tali casi sarebbe opportuno che, prima di procedere verso un mix definitivo, ci si dedicasse all’ottenimento di un mix essenziale, cioè costituito da pochi elementi primari coi quali si possa realizzare un mix quasi completo e convincente.
Solo successivamente si potranno aggiungere i nuovi ingredienti, procedendo con la necessaria attenzione al fine di non pregiudicare l’equilibrio precedentemente ottenuto.
Mascheramento nel Mix
Il mascheramento è la capacità di un elemento sonoro di coprirne parzialmente un altro.
I suoni più forti mascherano quelli più deboli, quindi più elevato sarà il volume di un elemento nel mix, più esso tenderà ad essere percepito chiaramente, ma ciò avverrà a discapito degli altri.
Mascheramento tonale
Ciò avviene quando gli elementi mascheranti si esprimono principalmente nella medesima fascia tonale di quelli mascherati.
La competizione per un medesimo spazio tonale è quindi alla base del mascheramento reciproco.
Il problema può essere ottimizzato regolando gli elementi del mix in maniera complementare, cioè:
- facendo emergere in ciascuno di essi delle fasce tonali specifiche tra loro differenti
- attenuando le altre fasce tonali al fine di liberare spazio per gli altri elementi del mix.
In tal modo ciascun elemento potrà apparire maggiormente definito e chiaro.
Mascheramento dinamico
Gli strumenti percussivi vanno e vengono e i picchi hanno durata breve; per esempio, un kick avrà in genere poco o nessun contenuto sonoro tra i vari “colpi”: è quindi improbabile che un suono percussivo “corto”, per quanto forte sia, possa mascherare i suoni di lunga durata; possiamo dire che esso si fa strada ad ogni “colpo” per un tempo brevissimo in cui manifesta però una preponderanza dinamica (volume) che gli permette di emergere quando occorre.
Le percussioni concorrono per lo spazio tonale in vari istanti limitati nel tempo, altri strumenti invece sostengono il suono per periodi molto più lunghi e quindi lottano costantemente per guadagnarsi uno spazio tonale.
Un pad di Synth e le armonizzazioni di fiati, di archi e di un coro, ma anche i fraseggi solistici di voci, archi, fiati, e così ogni altra sorgente sonora a volume sostenuto, richiederanno tutti più attenzione di quelli percussivi, perché ogni loro impostazione di livello, di panning o di equalizzazione avrà un’incidenza maggiore sull’insieme a causa della loro persistenza nel tempo.
Sicuramente alzare il volume di un pad causerà problemi di mascheramento maggiori di quelli conseguenti all’innalzamento del volume di un rullante il quale, se anche mascherasse il pad, lo farebbe solo per brevissime durate assolutamente trascurabili, che non distruggerebbero la continuità della percezione musicale del pad stesso; se invece un pad ad alto volume mascherasse un rullante a basso volume, lo farebbe in maniera costante causandogli un problema serio.
In tal senso gli strumenti a corda percossa o pizzicata, a causa del loro decadimento (in genere meno rapido delle percussioni), stanno circa nella via di mezzo.
Grazie alle loro caratteristiche, il pianoforte e talvolta le chitarre acustiche (entrambi in funzione di accompagnamento) possono essere sottoposti ad un processo di espansione dinamica che faccia emergere maggiormente le parti dall’esecuzione più incisiva attenuando invece le altre.
In questa maniera il loro potere di mascheramento verrebbe ridotto in molti momenti, al fine di far emergere più facilmente gli altri elementi del mix.
Incastrare per definire
Un buon incastro tonale permetterà quindi di determinare la massima definizione delle parti musicali dell’arrangiamento e del suono generale del mix.
Chiariamo che il mascheramento di un elemento può essere risolto semplicemente sollevando il volume dell’elemento che vogliamo far emergere; procedendo soltanto in tal modo però si rischierà di mascherare ancora di più gli altri elementi; di conseguenza il mascheramento tonale dovrà essere risolto in parte gestendo i volumi e in parte utilizzando i controlli di tono.
Si può anche provare a conferire un pizzico di saturazione armonica all’elemento da valorizzare, in modo da creare armoniche in una fascia tonale altrimenti carente. Ciò tende a funzionare soprattutto con le sorgenti di tessitura bassa e medio-bassa (basso, accordi di chitarre elettriche, synth di tessitura bassa).
In che modo è possibile migliorare l’incastro tonale?
Analisi del mascheramento
Come abbiamo visto, occorre per prima cosa distinguere tra suoni impulsivi e brevi (come ad esempio le percussioni) e i suoni morbidi e lunghi (come ad esempio le voci e gli archi).
Il rullante della batteria ad esempio potrebbe avere un range tonale essenziale molto vicino a quello della voce solista, ma la sua breve durata non gli permetterà di mascherare quest’ultima in misura apprezzabile.
Una chitarra, un pianoforte e un pad di tastiere che suonino insieme e continuamente nell’intero brano con parti sostenute e utilizzando all’incirca le medesime ottave di estensione, invece, sicuramente concorrerebbero tra loro per ricavarsi uno spazio tonale definito nel mix.
In generale nelle fasce tonali alte la sovrapposizione tonale creerebbe un minore mascheramento e confusione rispetto a ciò che avverrebbe nelle fasce tonali più basse.
Analizziamo cosa succede nella varie fasce.
Nelle fasce più basse (tra i 20 e gli 80 hz) si esprimono fortunatamente pochi elementi sonori: in ambito rock pop, ad esempio, troviamo sostanzialmente il basso (suono lungo con morbido picco iniziale) e la grancassa (suono breve con picco impulsivo), oltre a qualche sporadica incursione dei timpani della batteria; di conseguenza in questa fascia potenzialmente critica, nei contesti rock pop e correlati, sarà sufficiente ottenere un buon incastro tonale tra la grancassa e il basso.
La fascia tonale tra gli 80 e i 500 hertz è forse, di fatto, quella maggiormente soggetta ai problemi di mascheramento tonale in quanto mantiene gran parte della criticità della fascia bassa ma è zeppa di sorgenti sonore “concorrenti”.
Pur senza considerare i suoni impulsivi, bensì soltanto quelli lunghi e “mantenuti”, consideriamo che in questa fascia si trovano:
- le fondamentali di alcune note del basso e i loro armonici naturali più importanti
- le note basse e medio basse di strumenti come le chitarre (elettriche ed acustiche), il pianoforte e i “pads” delle tastiere e degli archi
- le fondamentali e i primi armonici dei solisti come la voce, il sax, la lead guitar
La fascia tonale tra i 500 hz e i 5000 hz è anch’essa soggetta, anche se in misura minore, al medesimo problema di sovrapposizione tonale,
Infine, la fascia ancora più alta ne soffre un po’ meno, anche perché saranno pochi elementi ad esprimersi massicciamente tra i 5.000 e i 20.000 hz, per cui tale zona, pur essendo ancora affollata dagli armonici naturali e dagli overtoni vari di tutti gli elementi sonori (che in certe tracce potremo anche abbattere del tutto), sarà sostanzialmente occupata solo da elementi molto brillanti e sottili, come ad esempio i piatti della batteria, il triangolo e altri elementi simili.
Incastro tonale
I metodi per ottimizzare l’incastro tonale sono tutti quelli finalizzati a liberare spazio tonale utile ad altre sorgenti sonore.
Ecco quindi un decalogo operativo:
- Eliminare le fasce tonali al di sotto della fondamentale più bassa eseguita dall’elemento
Ciò sarà ottenibile per mezzo di un filtro passa alto (HPF) o col suo omologo funzionale Low-Shelving-Eq
Bisogna capire che, talvolta, al disotto della fondamentale si troveranno però anche elementi di rumore funzionali alla pasta del suono, che potranno essere attenuati con una pendenza standard di 6-12 db/oct in presenza di un mix rarefatto, o addirittura eliminati con una pendenza drastica di 24-60 db/oct) in presenza di un mix denso in fascia bassa e/o medio bassa.
- Eliminare le fasce tonali più elevate
Questa pratica è rischiosa in quanto taglierà via una parte degli armonici naturali e degli altri ipertoni delle sorgenti, pertanto tale espediente dovrà essere messo in atto soltanto per gli elementi “scuri” che non si esprimono funzionalmente in tali fasce, come ad esempio: la grancassa, il basso, i tomtom e pochi altri.
La frequenza di taglio dovrà essere scelta secondo i casi, anche in considerazione dell’affollamento tonale in zona super alta, applicando un filtro passa basso con pendenza moderata o media (dai 6 ai 18 db oct) e una frequenza di taglio compresa tra i 5 e i 12 khz, secondo i casi.In ogni caso sarà buona abitudine tagliare in ogni traccia e in ogni bus le frequenze superiori ai 20.000 hz, con una pendenza anche drastica di 48 db oct ad esempio.
Ciò dovrebbe aiutare a ridurre drasticamente i rischi di aliasing, cioè della generazione di armonici indesiderati in fascia bassa e media in conseguenza dello sforamento di una frequenza pari alla metà di quella utilizzata per il campionamento nella sessione della DAW (ad esempio, per un sampling a 48 Khz il taglio dovrebbe avvenire drasticamente al di sotto dei 24 Khz, per cui un taglio a 20 Khz andrà benissimo).
Utilizzando frequenze di sampling più elevate (ad esempio 192 Khz) come è ovvio il problema dell’aliasing risulterà molto meno rilevante e il taglio degli ultrasuoni diverrà una pratica trascurabile.
Si tenga conto che l’eliminazione delle infiltrazioni di armoniche in fascia bassa come conseguenza dell’aliasing, oltre a creare una lieve deformazione della timbrica e un po’ di disfonia, determinerà il mantenimento di maggiore pulizia e definizione sonora, concorrendo in tal modo alla limitazione delle cause di mascheramento.
- Attenuare la fascia bassa degli strumenti polifonici d’accompagnamento
Parliamo degli strumenti che accompagnano un solista, come le chitarre, il pianoforte, un pad di tastiere o una armonizzazione di archi.
Spesso la loro estensione raggiunge le frequenze in cui si esprimono le fondamentali del basso (che possono operare per lo più tra i 30 e i 170 hz e raggiungere occasionalmente i 200-240 hz.
Per evitare una sovrapposizione eccessiva sul range del basso risulterà spesso opportuna una attenuazione lieve ma progressiva delle frequenze di sovrapposizione, da effettuare per mezzo di un Low-Shelving-Eq impostato tra i 150 e i 300 hz, con una pendenza di attenuazione di 6 db oct o anche più
La determinazione della pendenza e della frequenza può essere stabilita ad orecchio, ma essa dipenderà in gran parte dall’estensione reale della parte di basso rilevata nello specifico brano sul quale si lavora (se ad esempio la linea di basso è compresa tra il RE 74 hz e il SI 124 hz, sarà opportuno scegliere una frequenza di taglio opportunamente bassa, al fine di non lasciare scoperta una fascia di frequenza, creando un “buco”tonale.
L’utilizzo del’Eq statico per diminuire il mascheramento reciproco tra un pianoforte (a sinistra) e una chitarra (a destra). Entrambi gli strumenti sono stati precedentemente ottimizzati per mezzo dell’equalizzazione preliminare (effettuata ”a monte” con altri equalizzatori), per cui qui sono visibili soltanto le successive operazioni di de-mascheramento effettuate durante l’equalizzazione di mix. Le parti musicali dei due strumenti sono state eseguite contemporaneamente, ed entrambe in estensione media, per cui tendevano a mascherarsi parzialmente. Ad entrambe sono state dapprima tagliate via le frequenze sotto gli 80 hz e sopra i 20 Khz e attenuate lievemente e progressivamente le frequenze al di sotto dei 300 hz, Successivamente la fascia dei 1.200 hz è stata potenziata nel piano e attenuata nella chitarra; analogamente la fascia dei 4400 hz è stata potenziata nella chitarra ed attenuata nel pianoforte; quest’ultimo infine ha ricevuto una spinta brillante intorno ai 7 Khz. Per completare il de-mascheramento si è deciso di ripartire il piano e la chitarra simmetricamente verso i canali stereo opposti (40% L e 40% R).
- Distribuire diversamente sul fronte stereo le sorgenti di fascia tonale simile
Se ad esempio abbiamo un pad stereo di synth, un pianoforte e una chitarra acustica che accompagnano un solista suonando insieme su una medesima fascia di frequenza, una soluzione tipica è quella di assegnare a ciascuno di tali elementi una posizione opposta sul fronte stereo.
Potremo ad esempio:
- posizionare il pad in posizione centrale opponendo il pan-pot dei due canali L e R, con massima apertura al 100% di L e di R;
- posizionare la chitarra al 50% sul canale Left e contrapporre il pianoforte al 50% sul canale Right.
Tali posizioni angolari del piano e della chitarra potrebbe diventare più drastica sino all’85-90% verso L o R (con miglioramenti ulteriori dell’incastro tonale), ma in tal caso tali sorgenti dovrebbero risultare abbondantemente riverberate in stereo per distribuire l’ambientazione dell’elemento “messo all’angolo” sull’intero fronte stereo.
- Attenuare ed esaltare le fasce tonali in maniera complementare
Prendiamo come esempio un pianoforte e una chitarra che eseguono in parallelo una linea di accompagnamento: in uno dei suddetti strumenti potrebbe essere utile esaltare (ad esempio) la fascia tonale medio alta e attenuare la fascia media, per poi eseguire una operazione esattamente opposta con l’altra sorgente, esaltando la fascia media e attenuando quella medio alta.
- Utilizzare un compressore multibanda
In sostituzione o in aggiunta dell’azione dell’eq statico di cui sopra, spesso è preferibile, operare con un eq dinamico (in forma di compressore multibanda) per ottenere un risultato più efficace ma senza snaturare i suoni originari.
E’ sufficiente identificare la fascia tonale critica condivisa da più elementi, in modo da limitarla allorquando essa superi una certa soglia in uno e nell’altro elemento, indipendentemente.
Utilizzando un compressore multibanda la fascia tonale potrà essere attenuata nei soli momenti di sua massima espressione e soltanto nella misura in cui risultasse necessario, senza modificare il perfetto equilibrio tonale ottenuto durante l’equalizzazione preliminare di ciascun elemento.
- Scavare una fascia tonale per il solista
Questo accorgimento permette di riservare un maggiore spazio tonale al solista, al fine di mantenerlo maggiormente immerso nel mix senza tuttavia pregiudicarne la definizione, il che libera molto spazio per altri elementi secondari.
Si tratta nello specifico di attenuare, negli elementi che disturbano il solista, la zona che corrisponde alle sue fondamentali e alle sue prime armoniche (200-1000 hz, secondo il tipo di voce e i singoli casi), o alla “formante vocale” (intorno ai 2500 hz).
Quando si scava un elemento su una fascia media per liberare spazio ad un altro elemento, in molti casi si sentirà il bisogno di compensare con un’esaltazione di una fascia adiacenti dell’elemento attenuato.
Intervento de-mascherante per un quartetto (voce femminile accompagnata da chitarra acustica, basso elettrico e batteria). Prima di questo intervento le due tracce sono state sottoposte ad una equilibratura iniziale con il consueto processo di equalizzazione preliminare. Alla chitarra (Eq di sinistra) sono stati tagliati i bassi sotto i 75 hz e gli alti sopra i 20 Khz. La fascia media con ampio Q (o.50) è stata inoltre attenuata per liberare spazio alla voce (Eq di destra) che è stata potenziata sulla stessa fascia. Alla voce sono stati attenuati i 350 hz che risultavano un po’ fangosi, anche per dare spazio ai bassi naturali della chitarra, molto piacevoli, che sono emersi dopo aver scavato i medi. Dopo questa riduzione la chitarra risultava un po’ ovattata ma ciò creava una “speciale” magia insieme alla voce. Sempre alla voce è stata data brillantezza potenziando i 10 Khz ma tagliando sopra i 15 Khz, che è anche la fascia tonale dove la chitarra ha invece ricevuto un potenziamento che occorreva per compensare l’attenuazione del medio-alto. In tal modo si è riuscito ad ottenere un ottimo incastro tonale che ha permesso all voce di sedere parecchio dentro alla chitarra senza tuttavia esserne sovrastata neppure nei passi più dolci e facilitando il controllo dinamico del successivo Mastering.
- Contenere le sorgenti secondarie con un compressore side-chain
Questo espediente risulta particolarmente efficace quando la traccia pilota del compressore side-chain è il solista del brano; permette di diminuire il volume degli elementi secondari che disturbano il solista, per creargli una maggiore spazio dinamico nei soli istanti in cui esso è attivo.
Tale espediente permetterà di mantenere il volume medio del solista ad un livello più basso, liberando a sua volta spazio tonale a favore di altri elementi.
Per evitare l’insorgenza di un effetto di pompaggio dell’elemento attenuato (sarebbe a dire una risalita troppo rapida del volume dopo la compressione), occorrerà contenere l’azione del compressore entro un range di circa 2 db (massimo 3) e dosare la velocità di attacco e di rilascio in modo di ottenere la massima efficacia senza tuttavia evidenziare l’artifizio; per iniziare si può provare con un attack di 50 ms e un rilascio di 100 ms, per poi provare a variare tali valori sino all’ottenimento del risultato più naturale.
Utilizzando l’espediente del side-chain con un compressore multi-banda si potrebbe migliorare ancora più l’efficacia e limitare gli artefatti generati dalla compressione, impostando il plugin al fine di ottenere ad esempio una attenuazione massima di 3 db nella sola e specifica fascia tonale interessata (generalmente intorno ai 3000 hz) ed una riduzione minore (o nessuna riduzione) nelle altre fasce tonali.
- Diversificare gli elementi in ambito di profondità
Quando un elemento solistico risulta in parte mascherato da un elemento secondario, si può anche provare ad “allontanare” quest’ultimo dalla zona di presenza on-face, utilizzando tutti i parametri già suggeriti per questo risultato, cioè: diminuire il volume diretto, aumentare il volume di echi e riverberi (talvolta esasperando anche un poco l’apertura stereo di questi ultimi), diminuire un pizzico le frequenze alte e basse, addolcire i transienti con un compressore e così via.
In tal modo l’elemento che è stato penalizzato dal volume per fare emergere l’altro potrà risaltare in “diffusione”, grazie al riverbero stereo, lasciando libero un po’ di spazio di “presenza”.
- Utilizzare arrangiamenti ad incastro
Questo non è un espediente di mix, ma ho voluto citarlo per evidenziare un concetto importante: un arrangiamento ben scritto prevederebbe che le parti musicali siano scritte “ad incastro”, cioè intercalando opportunamente la ritmica delle frasi e degli accenti e utilizzando settori di estensione differenti per gli elementi che si sovrappongono (ad esempio ottave diverse, secondo i dettami del buon ranking orchestrale).
Procedendo in tal modo la definizione delle parti sarebbe ottenuta già alla base utilizzando i soli elementi di “scrittura musicale”, in quanto in tal modo le parti musicali risulterebbero sempre ben distinte senza il bisogno di “arrampicarsi sugli specchi”.
Purtroppo queste tecniche sono conosciute e padroneggiate soltanto dai compositori, orchestratori e arrangiatori di elevata cultura musicale e quindi spesso scarseggia nel pop, nel quale, insieme ad alcuni validissimi musicisti, si cimentano troppi producer con scarso background musicale di qualità.
Tuttavia va riconosciuto che anche nei generi di derivazione popolare (nel rock di buona fattura, ad esempio) si sono via via affermati dei concetti, delle consuetudini e delle convenzioni di “orchestrazione” tali per cui gli elementi sonori, nelle migliori e più mature produzioni e con l’evolversi dello stile, hanno raggiunto dei criteri di “incastro” soddisfacenti e funzionali alla specifica espressione di tale genere musicale, facendo altresì maturare lo stile espressivo.
Incastro dinamico
Per ottenere un mix vivace e interessante occorrerebbe conservare in massimo grado le espressioni dinamiche delle esecuzioni.
C’è da dire che l’espressione dinamica dovrebbe scaturire, alla base, da esecuzioni dinamicamente coerenti e ricche di accenti espressivi, se possibile concepiti con un criterio ad incastro.
Se ad esempio le parti contemporanee del pianoforte e della chitarra, pur insistendo entrambe sul registro medio fossero concepite al fine di alternare (piuttosto che sovrapporre) gli accenti esecutivi, gli accenti dinamici dei due strumenti si manifesterebbero in punti diversi, contribuendo notevolmente alla definizione delle parti senza utilizzare troppo spazio nel mix.
Purtroppo nelle esecuzioni registrate in sovra-incisione la dinamica espressiva è spesso mortificata a causa della mancanza di inter-play tra i musicisti, salvo che questi non siano particolarmente esperti o guidati da un buon direttore artistico.
Nell’accingerci a mixare, potremo trovarci quindi davanti a tracce eseguite con buona dinamica espressiva oppure davanti a tracce dinamicamente “piatte”, alle quali sarà molto difficile (se non impossibile) restituire un pizzico di vivacità dinamica.
Rispetto della dinamica
Sono terminati i tempi della “loudness-war” in cui si correva a comprimere esasperatamente le tracce, i bus e i masters nel tentativo “perverso” di imporre il volume dei propri brani nelle compilation cd e e radio.
Oramai, nell’era dello streaming questa tendenza estrema non ha più un grande significato e, in ogni caso, sarà opportuno lasciare al mastering, oltre agli altri suoi compiti, quello di finalizzare il loudness del master in maniera adeguata.
Perdura tuttavia in molti operatori la pratica di comprimere al massimo i master, con risultati che reputo personalmente quasi sempre deprecabili.
Il compito della compressione
Ai giorni nostri alla compressione non si richiede quindi più di “dare volume” al brano all’interno del supporto audio, bensì essa dovrà rispondere a poche ma ben più importanti esigenze:
Finalità modellante
disegnare a piacere i rapporti di intensità tra il transiente e il sustain dei suoni, potenziando o depotenziando uno dei due rispetto all’altro; va da sé che questa pratica non è assolutamente indispensabile ma può rispondere a specifiche esigenze creative mirate a rendere alcune esecuzioni più morbide o, al contrario, maggiormente aggressive; un altro effetto modellante del compressore, come vedremo, consiste nel comprimere in maniera esasperata il clone parallelo di una traccia al fine di poterlo dosare all’originale in modo da poter dosare un effetto più aspro, slabbrato e ricco dei colori ambientali della ripresa condotti ad un livello “on face” da questo tipo di compressione
Finalità livellante
definire meglio le parti musicali sottese, specialmente nei mix molto densi; la compressione dovrebbe coadiuvare l’opera di livellamento dei volumi già operata per mezzo della gestione dei faders di volume; tale livellamento potrà essere ottenuto da una parte contenendo i picchi eccessivi e per altro rinforzando le emissioni sonore troppo deboli; al fine di mantenere la massima espressività dinamica è però richiesto che gli interventi siano effettuati nella misura del minimo indispensabile.
Per i migliori risultati molto spesso sarà preferibile eseguire un lavoro di dettaglio effettuando una gestione attenta dei volumi coi faders piuttosto che abusare in compressione.
Un utilizzo accorto delle tecniche anti-mascheramento di cui sopra permetterà di rinunciare spesso all’utilizzo della compressione livellante o di limitarla, salvaguardando l’espressività dinamica originale;
Finalità collante
creare un incollamento tonale e dinamico tra le varie sorgenti, determinando una maggiore “compattezza sonora” da dosare in misura da definire secondo il genere musicale in lavorazione;
Ogni genere musicale richiederà infatti maggiore o minore incollamento sonoro; tale richiesta è massima nei generi dance e hip hop, essa è alquanto sostenuta nei generi rock e pop in generale, mediamente sostenuta nei generi moderni espressivi come la fusion e nel folk e jazz moderni, è minima o addirittura nulla invece nei generi puristi come la musica di stampo classico e nel jazz tradizionale
Tale incollamento dovrebbe essere gestito soprattutto nella fase di mastering ma in certi casi può essere predisposta in alcuni gruppi di tracce correlabili, al fine di pre-determinare in esse una identità sonora specifica, funzionale al “sound” del brano
Non si tratta quindi di “dare volume” al brano per mezzo della compressione, bensì di dosarne l’azione nelle varie fasi, al fine di ottenere una specifica sonorità, che sia funzionale al contesto del genere musicale.
Ogni eccesso di compressione, infatti, diminuirà il pathos delle esecuzioni, sino a creare un mix piatto e “noioso”; è per questo motivo che anche il mastering dovrà essere condotto garantendo il raggiungimento del target di loudness richiesto dall’industria musicale senza tuttavia distruggere l’espressività dinamica.
In certi casi (ad esempio in presenza di esecuzioni troppo piatte o di registrazioni effettuate con pesanti compressioni in fase di input), come si vedrà, sarà addirittura necessario tentare un processo opposto di espansione, nel tentativo di creare o di recuperare una dimensione di maggiore vivacità dinamica.
Come si vedrà, questo processo risulterà pressoché impossibile se applicato ad un mix, mentre potrà riuscire spesso a rivitalizzare una singola traccia o un ensemble percussivo non troppo denso.
Un espansore, regolato per restituire un po’ di vivacità ad un’esecuzione di congas & bongos poco entusiasmante. La dinamica delle esecuzioni è stata leggermente frenata nei punti non accentati, quanto è bastato per determinare un portamento più incisivo senza tuttavia rivelare artefatti udibili. Con threshold a 0db e attacco immediato è stata espansa l’intera dinamica della traccia; l’attenuazione è stata contenuta entro la misura di 4 db grazie al controllo di Range.
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