L’ autotune come banale sintomo della caduta della musica moderna
L’ autotune come banale sintomo della caduta della musica moderna
Nel vasto universo della musica contemporanea, l’abuso dell’autotune non è solo una moda passeggera; personalmente lo considero il sintomo di una crisi ben più profonda e dilagante.
Questo strumento, originariamente progettato per correggere le minime imperfezioni vocali o, nella sua espressione più estrema, indirizzata a sottolineare espressivamente alcune frasi “speciali” del testo di una canzone, si è trasformato in un espediente sempre presente in ogni canzone e in ogni momento della canzone, che deforma e appiattisce l’intero brano, accentuando la disumanizzazione, sostituendo l’arte con l’artificio e promuovendo il transumanesimo.
Non si tratta solamente di una mera perdita di autenticità; tale abuso è uno dei segni più banali che palesano il declino culturale che sta riducendo la musica a un prodotto sterile e privo di anima.
La melodia e l’armonia, pilastri fondamentali della composizione musicale, sono state ridotte a formule ripetitive e banali, limitate a pochi accordi elementari e a sequenze dì poche note riciclate in modo ossessivo.
La ritmica, pur molto curata nel dettaglio dinamico e nel groove, invece di esprimere variazione e umanità, è diventata un loop meccanico, una ripetizione incessante priva di vera vitalità: la parodia robotica della vivacità vitale.
E i testi? Sono spesso un coacervo di banalità e volgarità, quando non degenerano in messaggi di odio e discriminazione.
Paragonando la musica ad altri settori come lo sport, la gastronomia, l’architettura e tanti altri, la differenza è abissale.
Mentre in questi campi si celebra in maniera più coerente l’innovazione, riconoscendo e premiando il talento e l’originalità, nella musica regna un conformismo desolante verso modelli mediocri e si inneggia sempre più, coi fatti, alla mancanza di talento sia tecnico che espressivo.
Il geniale film “Idiocracy” non era solo una satira, era una profezia! Ha predetto un mondo in cui la superficialità e la mediocrità prendono il sopravvento, un mondo dove la cultura non si eleva bensì degenera.
E in questo scenario, la musica pop moderna rappresenta una delle espressioni più evidenti di un declino intellettuale e (ciò che è peggio) di spirito, che rischia di lasciare un’eredità culturale vuota e priva di significato.
I grandi artisti spesso restano confinati in nicchie ristrette perché il pubblico di massa trova le loro opere difficili da comprendere. Eppure, in un mondo più attento alla cultura, sarebbe normale poterli citare con naturalezza. Tuttavia è anche vero che alcuni artisti di successo mondiale sono riusciti a mantenere una certa dignità anche nella musica più commerciale.
Tuttavia è mortificante notare che tali Artisti si trovano in declino, sempre più oppressi da un panorama dominato dalla cosiddetta ‘musica spazzatura’.
Questo fenomeno, che rappresenta oltre l’80% dell’offerta musicale, non solo marginalizza gli artisti che si impegnano per conservare un livello elevato, ma perpetua una subcultura che sembra voler deliberatamente impoverire lo spirito, spingendo la musica di dignitosa qualità verso nicchie di pubblico sempre più piccole e isolate.
Questa situazione è alimentata in parte dalle dinamiche dell’industria musicale, che favorisce le forme dotate di più facile presa per gli “spiriti semplici (o dovrei dire meno evoluti?), laddove la quantità di ascolti in streaming prende sempre più spesso il sopravvento sulla qualità artistica.
In questo contesto, il marketing e la capacità di attirare l’attenzione attraverso i social media diventano spesso più importanti delle competenze musicali o dell’essenza del messaggio trasmesso.
Il risultato è che la musica che raggiunge il grande pubblico tende a essere quella che si adatta meglio a questi meccanismi di consumo veloce, spesso a scapito dell’innovazione e della profondità artistica.
Artisti che cercano di mantenere un alto livello di integrità artistica possono trovarsi marginalizzati o costretti a compromessi.
Concludendo, dobbiamo interrogarci seriamente sul futuro della musica e, più in generale, sulle direzioni che stiamo scegliendo come società.
Se l’arte perde la sua capacità di far riflettere, emozionare e aspirare al bello e all’ideale elevato, allora ci troviamo di fronte a una crisi non solo artistica, ma profondamente umana.
È tempo di respingere la banalizzazione richiedendo e producendo musica che sia degna di questo nome, che nutra l’anima, stimoli l’intelletto e celebri la ricchezza della condizione umana, invece di ridurla a mero intrattenimento di bassa lega.
Bravo Alessandro. Concordo su tutto ciò che hai scritto in questo articolo.
Grazie, Carissimo. Un saluto.