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L’ autotune come banale sintomo della caduta della musica moderna

L’ autotune come banale sintomo della caduta della musica moderna - Il Blog di alessandrofois.com

L’ autotune come banale sintomo della caduta della musica moderna

Nel vasto universo della musica contemporanea, l’abuso dell’autotune non è solo una moda passeggera; personalmente lo considero il sintomo di una crisi ben più profonda e dilagante. 

Questo strumento, originariamente progettato per correggere le minime imperfezioni vocali o, anche nella sua espressione più estrema, indirizzata a sottolineare espressivamente alcune frasi “speciali” del testo di una canzone, si è trasformato in un espediente sempre presente in ogni canzone e in ogni momento della canzone, che deforma e appiattisce l’intero brano, accentuando la disumanizzazione, sostituendo l’arte con l’artificio e promuovendo subliminalmente il transumanesimo voluto dalle élite che ci governano. 

Non si tratta solamente di una mera perdita di autenticità; tale abuso è uno dei segni più banali che palesano il declino culturale che sta riducendo la musica a un prodotto sterile e privo di anima.

La melodia e l’armonia, pilastri fondamentali della composizione musicale, sono state ridotte a formule ripetitive e banali, limitate a pochi accordi elementari e a sequenze dì poche note riciclate in modo ossessivo. 

La ritmica, pur molto curata nel dettaglio dinamico e nel groove, invece di esprimere variazione e umanità, è diventata un loop meccanico, una ripetizione incessante priva di vera vitalità: la parodia robotica della vivacità vitale. 

E i testi? Sono spesso un coacervo di banalità e volgarità, quando non degenerano in messaggi di odio e discriminazione.

Paragonando la musica ad altri settori come lo sport, la gastronomia, l’architettura e tanti altri, la differenza è abissale.

Mentre in questi campi si celebra in maniera più coerente l’innovazione, riconoscendo e premiando il talento e l’originalità, nella musica regna un conformismo desolante verso modelli mediocri e si celebra sempre più, coi fatti, la mancanza di talento sia tecnico che espressivo.

Il geniale film “Idiocracy” non era solo una satira, era una profezia! Ha predetto un mondo in cui la superficialità e la mediocrità prendono il sopravvento, un mondo dove la cultura non si eleva bensì degenera. 

E in questo scenario, la musica pop moderna rappresenta una delle espressioni più evidenti di un declino intellettuale e (ciò che è peggio) di spirito, che rischia di lasciare un’eredità culturale vuota e priva di significato.

Senza citare i grandi artisti, purtroppo relegati in ristrette nicchie di pubblico a causa della difficoltà di comprensione delle loro opere percepita dal pubblico “di massa” (anche se in un mondo meglio indirizzato sarebbe “normale” poterli citare), va tuttavia considerato che alcuni artisti di grande successo mondiale, come Beyoncé (notevole per le sue performance impattanti e i testi socialmente rilevanti nel contesto pop), o Ludovico Einaudi (con le sue composizioni neoclassiche che puntano a evocare lo spirito pur nella loro estrema semplicità), abbiano cercato di mantenere una certa dignità nella musica di ampio consumo. 

Tuttavia è mortificante notare che essi, al pari di tanti altri, si trovano in declino, sempre più oppressi da un panorama dominato dalla cosiddetta ‘musica spazzatura’.

Questo fenomeno, che rappresenta oltre l’80% dell’offerta musicale, non solo marginalizza gli artisti impegnati a conservare un alto livello artistico, ma perpetua una subcultura che sembra voler deliberatamente impoverire lo spirito, spingendo la musica di dignitosa qualità verso nicchie di pubblico sempre più piccole e isolate.

Questa situazione è alimentata in parte dalle dinamiche dell’industria musicale, che favorisce le forme di più facile presa per gli “spiriti semplici (o dovrei dire meno evoluti?), laddove la quantità di ascolti in streaming sempre più spesso prende il sopravvento sulla qualità artistica. 

In questo contesto, il marketing e la capacità di attirare l’attenzione attraverso i social media diventano spesso più importanti delle competenze musicali o dell’essenza del messaggio trasmesso.

Il risultato è che la musica che raggiunge il grande pubblico tende a essere quella che si adatta meglio a questi meccanismi di consumo veloce, spesso a scapito dell’innovazione e della profondità artistica. 

Artisti che cercano di mantenere un alto livello di integrità artistica possono trovarsi marginalizzati o costretti a compromessi.

Concludendo, dobbiamo interrogarci seriamente sul futuro della musica e, più in generale, sulle direzioni che stiamo scegliendo come società. 

Se l’arte perde la sua capacità di far riflettere, emozionare e aspirare al bello e all’ideale elevato, allora ci troviamo di fronte a una crisi non solo artistica, ma profondamente umana. 

È tempo di respingere la banalizzazione e di richiedere e produrre una musica che sia degna di questo nome: una musica che nutra l’anima, stimoli l’intelletto e celebri la ricchezza della condizione umana, invece di ridurla a mero intrattenimento di bassa lega.

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