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Registrazione audio analogica e digitale: considerazioni e confronti

Audio analogico e audio digitale

Nella figura: a sinistra la rappresentazione schematica dell’onda correlata al segnale analogico e a destra (la parte punteggiata) quella correlata al segnale digitale. Si intende suggerire l’idea che la definizione dell’onda sonora, nel digitale, appaia come una serie di informazioni attinenti ad un livello di intensità, discontinue e più o meno ravvicinate, rappresentate da puntini. Aumentando il numero dei puntini (aumentando quindi la risoluzione del sistema digitale) le informazioni si fonderanno in una linea continua, indistinguibile da quella analogica. Allo stesso modo si vuole suggerire l’idea (non del tutto esatta) che nel sistema analogico la definizione sia invece rappresentabile come una linea continua, frutto della connessione di infiniti punti.

Nella figura: a sinistra la rappresentazione schematica dell’onda correlata al segnale analogico e a destra (la parte punteggiata) quella correlata al segnale digitale. Si intende suggerire l’idea che la definizione dell’onda sonora, nel digitale, appaia come una serie di informazioni attinenti ad un livello di intensità, discontinue e più o meno ravvicinate, rappresentate da puntini. Aumentando il numero dei puntini (aumentando quindi la risoluzione del sistema digitale) le informazioni si fonderanno in una linea continua, indistinguibile da quella analogica. Allo stesso modo si vuole suggerire l’idea (non del tutto esatta) che nel sistema analogico la definizione sia invece rappresentabile come una linea continua, frutto della connessione di infiniti punti.


Inconciliabile è la discussione in corso tra i sostenitori dell’analogico e quelli del digitale.

Se può essere di riferimento, non mi dispiace citare il parere di un musicista ritenuto uno dei massimi direttori d’orchestra di tutti i tempi: Herbert von Karajan, il quale già negli anni 80 affermava con decisione la assoluta superiorità del digitale nel riprodurre le infinite sfumature tonali e dinamiche della grande orchestra sinfonica.

Posta in termini di qualità assoluta, comunque, la questione ha poco senso, in quanto i processi digitali e analogici dell’audio sono semplicemente differenti ed entrambi hanno i loro pro e contro.

Tramite una semplice comparazione diretta tra i due mondi, potremo affermare qualcosa di più, come vedremo.

Prima di proseguire, sottolineiamo che, aldilà del raffronto sulla qualità, i controlli digitali delle DAW ci forniranno alcuni vantaggi pratici indiscutibili, non ottenibili in ambito analogico:

  • costi di acquisto notevolmente inferiori
  • nessuna usura e nessun tempo e costo di manutenzione
  • risparmio di spazio in studio
  • tempi di connessione ridotti e nessun cablaggio necessario
  • riduzione del rischio di malfunzionamenti, risolvibili con un semplice riavvio
  • possibilità di replicare nella stessa sessione di lavoro infinite “istanze” del medesimo plugin (come dire: ne compro 1 e ne utilizzo 100 contemporaneamente)
  • memorizzazione di infinite memorie di setting

Il digitale ad alta definizione

Confronto su definizione e dinamica durante la registrazione

Iniziamo con un confronto tra analogico e digitale in base a due parametri molto importanti, cioè la definizione e la dinamica, riscontrabili durante la registrazione multitraccia e durante la produzione del master.

Prima di tutto, però, mi si permetta qualche precisazione:

Occorre sfatare l’idea “assoluta” che l’analogico non abbia una sorta di “risoluzione” o “definizione” di tipo limitato, per elevata che sia. La presunta “continuità della informazione magnetica” del nastro analogico è un’idea astratta che assume significato concettuale soltanto nel contrapporsi al metodo digitale, in quanto non ha una vera corrispondenza nel mondo reale. Infatti l’ossido di ferro, che permette la memorizzazione magnetica dell’informazione sonora, è composto da granuli microscopici la cui dimensione costituisce di fatto una “misura della risoluzione”, in modo differente ma analogo al digitale.

La dimostrazione empirica dell’influenza di quanto sopra si evidenzia per mezzo del raffronto tra i risultati ottenibili utilizzando differenti velocità di scorrimento del nastro magnetico: velocità più elevate, infatti, migliorano la linearità della risposta specie alle alte frequenze, così come migliora percepibilmente la fedeltà generale; ciò accade in quanto ad ogni raddoppio della velocità si duplicherà il numero delle informazioni magnetiche lette dalla testina; il che è qualcosa di analogo a ciò che succede in ambito digitale col raddoppio della frequenza di campionamento.

La “definizione” dell’analogico però si comporta in modo differente dal digitale, in quanto la memorizzazione delle informazioni magnetiche non sono schematiche come nel digitale: ad un abbassamento della velocità di scorrimento del nastro corrisponderà infatti una diminuizione di fedeltà non lineare, che determinerà una deformazione del suono che rimarrà comunque “ascoltabile” e non “sgranato”, nonché “assente” alle alte frequenze, come succederebbe nel digitale diminuendo la frequenza di sampling a soli 24 Khz o addirittura a 12 Khz.

Col digitale avente frequenze di sampling dai 44.1 Khz in su, invece, le comparazioni di fedeltà tra i due sistemi assumono un maggiore significato pratico.

PRODUZIONE DEL MASTER

ANALOGICO

Un master inciso su nastro analogico stereo con larghezza da 1/2 pollice ad elevata velocità (30 IPS), utilizzando quindi 1/4 di pollice per ogni traccia mono), produce risultati eccellenti in termini di definizione e buoni risultati in ambito di dinamica.

N.B.

30 IPS = 30 inches per seconds = 30 pollici x secondo = circa 76,2 cm x secondo

Nastro Ampex 456 Grand Master, uno dei più diffusi nastri per il mastering analogico

Nastro Ampex 456 Grand Master, uno dei più diffusi nastri per il mastering analogico

DIGITALE

Per raggiungere un livello di definizione differente, ma di fatto comparabile a quanto sopra, occorrerà campionare in digitale a 24 bit ad una frequenza di 96 Khz.

In tal modo, per il digitale si otterranno risultati molto simili in ambito di definizione, ma nettamente superiori in termini di dinamica grazie al maggiore spazio dinamico determinato dalla profondità di bit.

Particolare del gruppo di testine di un registratore analogico a 24 tracce

Particolare del gruppo di testine di un registratore analogico a 24 tracce

REGISTRAZIONE MULTITRACCIA

ANALOGICO 

Risultati ottimi, ma un po’ meno elevati in termini di dinamica e di definizione, possono ottenersi operando con molta attenzione e perizia anche nel corso della registrazione analogica multi-traccia su nastro magnetico da 2 pollici (24 tracce su 2 pollici = 1/12 di pollice per una traccia mono) alla velocità di 15 IPS (velocità non sempre utilizzata, alla quale si è preferita più spesso la velocità di 7,5 IPS, al fine di economizzare nella misura del 50% sul costo notevolissimo del nastro magnetico di tal tipo). .

Riducendo la velocità si riduceva la definizione e soprattutto lo spazio dinamico in termini di rapporto segnale-rumore.

In tali sistemi, la diafonia causata dalla concomitanza della tracce sul nastro aumenta rispetto a quella, meno significativa, presente nel nastro master; tuttavia si  mantiene ad un buon livello .

Per mantenere relativamente basso il livello di rumore e aumentare lo spazio dinamico effettivo, si utilizzano spesso processi di noise reduction e quando possibile si tende a spingere il livello di registrazione sino ai valori più alti della tolleranza sostenibile dal nastro digitale, conferendo al suono un colore indotto dalla saturazione progressiva, capace di modificarne e in un certo senso arricchirne il contenuto armonico, la qual cosa è spesso ritenuta un pregio, ma non sempre.

Un metodo per diminuire la diafonia è quello di utilizzare le bande laterali del nastro per le sorgenti più delicate, evitando altresì di affiancare ad altre aventi alta energia e range di frequenza simile (ad esempio si usava talvolta utilizzare le traccia 01, 02 e 03 del registratore a 24 piste per l’HH e i piatti, lasciando vuota la traccia 04 e proseguendo dalla traccia successiva con le sorgenti più energiche come il rullante, il basso, e così via.

DIGITALE 

In ambito di pura definizione, registrando in digitale a 24 bit – 48 Khz, si potrebbe affermare che si otterranno risultati leggermente inferiori all’analogico registrato a 15 IPS, oppure lievemente superiori ad esso se registrato 7,5 IPS). 

Il digitale supererà l’analogico nella percezione della definizione utilizzando sessioni multitraccia a 96 Khz.

In termini di dinamica il digitale a 24 o più bit risulterà sensibilmente superiore, permettendo una lavorazione più “rilassata” in termine di gestione dei livelli nel corso della manipolazione audio, grazie al sovrabbondante spazio dinamico pressoché esente da rumore.

La diafonia del digitale è inesistente o quasi, in quanto essa può essere prodotta soltanto in fase di conversione A/D, e nel solo caso di registrazione contemporanea di più tracce.

Il digitale, per sua natura, è lineare ad ogni livello di registrazione e non offre quindi la possibilità di creare una saturazione progressiva in dipendenza dei livelli di recording (la qual cosa può assumere anche una valenza creativa).

In cambio, esso offre migliore fedeltà in termini di maggiore corrispondenza con il suono originale immesso in registrazione.

Il campionamento

Il campionamento a 48 Khz ha risolto alcuni problemi inizialmente imposti dai 44,1 Khz; successivamente, coi 96 Khz si è ulteriormente ottimizzato il sampling nel corso dei processi di produzione. 

Secondo il parere di molti sound engineer è invece più virtuale che reale il vantaggio offerto dai campionamenti a 192 o 384 Khz: tali sistemi offrirebbero poco o nessun vantaggio apprezzabile, mentre sottraggono grandi risorse di potenza al sistema, in ambito sia di recording che di processing.

L’utilizzo di files a 88.2 Khz e 96 Khz ha invece un suo valido perché, specie nelle fasi di manipolazione dell’audio, mentre può risultare sovrabbondante per i files destinati all’utente finale.

Qui sopra una libera rappresentazione schematico-concettuale della definizione analogica di un onda sinusoidale, rappresentata da una linea nera (in realtà la continuità assoluta del tratto è più virtuale che reale) in confronto con le sue copie digitali campionate a differenti frequenze di sampling. E’ evidente che il raddoppio della frequenza permette di definire un maggior numero di coordinate relative ai vari livelli di intensità e polarità dell’onda nello spazio temporale. Ne consegue una ricostruzione più fedele del sinusoide originale.

Qui sopra una libera rappresentazione schematico-concettuale della definizione analogica di un onda sinusoidale, rappresentata da una linea nera (in realtà la continuità assoluta del tratto è più virtuale che reale) in confronto con le sue copie digitali campionate a differenti frequenze di sampling. E’ evidente che il raddoppio della frequenza permette di definire un maggior numero di coordinate relative ai vari livelli di intensità e polarità dell’onda nello spazio temporale. Ne consegue una ricostruzione più fedele del sinusoide originale.

Bit e dinamica

Valutiamo meglio lo spazio dinamico utile.

I sistemi digitali a 16 bit offrono un range di 96 db, pari o lievemente inferiore a quello dell’analogico professionale che nella sua massima espressione, grazie alla notevole tolleranza del supporto magnetico, potrebbe regalarci alcuni db in più.

Tale vantaggio dell’analogico risulta però teorico, a causa del più alto livello di rumore correlato alla registrazione analogica, che sottrae al range dinamico alcune decine di db nella parte bassa della sua estensione.

Signal to noise ratio

Per dirla breve, le migliori macchine analogiche professionali sono capaci di riprodurre un rapporto segnale rumore (signal to noise ratio) oscillante tra i 55 db e i 73 db, in funzione della qualità del nastro e del recorder, della larghezza della banda magnetica del nastro e della velocità di scorrimento utilizzata.

Per mezzo della circuitazione Dolby, utilizzata soprattutto durante il recording multitraccia ma talvolta anche durante il mastering su traccia stereo, il signal to noise ratio poteva essere aumentato di circa 10-12 db addivenendo ad una dinamica utile di ben 85 db, notevolissima ma comunque inferiore a quella dei sistemi digitali a 16 bit. 

Avvento dei 24 bit

Con l’avvento della tecnologia a 24 bit il processo di produzione dell’audio digitale ha fatto un notevole passo in avanti.

Ogni singolo bit riesce infatti a codificare 6 db di escursione dinamica, ne consegue che, con 24 bit avremo 48 db di spazio dinamico in più in confronto coi 96 db del “sistema” a 16 bit, per un totale di 144 db utili.

Il che ha permesso di annullare virtualmente ogni minimo rumore di fondo indotto dal processo di campionamento stesso (salvo imperfezioni dei convertitori A/D, secondo qualità), permettendoci di operare con livelli anche notevolmente più bassi del consueto, anche al fine di prevenire ogni rischio di clipping accidentale e di evitare effetti di saturazione indesiderati.

Ulteriori benefici sono subentrati nel momento in cui sono state introdotte le daw a 64 bit e la codifica floating point.

Tali sistemi sarebbero dotati di una gamma dinamica teorica elevatissima, ma essi dovrebbero comunque confrontarsi con i sistemi di conversione A/D e D/A a 24 bit.

Ciò non produce quindi un aumento apprezzabile in termini di qualità o di dinamica nel file prodotto, bensì ottimizza la gestione della dinamica durante l’elaborazione audio al fine di:

  • Evitare il clipping durante il rendering
  • Diminuire enormemente gli errori di arrotondamento numerico occorrenti durante l’elaborazione del segnale
  • permettere alla daw e ai plugin a 32 o a 64 bit di funzionare in maniera “nativa”, evitando il clipping (N.B.: nella pratica sperimentale ciò è sempre vero nei plugin di tipo “preciso” a 32 o 64 bit, secondo i casi, mentre non è sempre vero in molti plugin di tipo “colorato”, come ad esempio alcuni equalizzaotri e compressori di emulazione)

La catena audio di qualità

Per mantenere un elevato livello qualitativo, ogni anello della catena digitale non dovrà presentare cedimenti a carico di: 

  • virtual instruments
  • convertitori A/D e D/A
  • DAW
  • plugins
  • altri eventuali elementi connessi

Inoltre, altro elemento importante oltre alla qualità individuale dei componenti è la ottimizzazione della compatibilità tra i suddetti in ambito di frequenza di sampling e numero di bit.

Ognuno dei suddetti elementi dovrebbe offrire una qualità molto elevata, e la sessione di lavoro dovrebbe essere impostata al valore minimo di 44.1 Khz oppure 48.0

Se le risorse lo permettono, ancora meglio a 88.2 oppure 96 Khz

Quanto sopra, campionando a 24 bit o più, mantenendo i comodi vantaggi offerti in ambito di gestione dinamica delle risorse.

Aliasing

L’aliasing nell’audio è un fenomeno che si verifica durante il processo di campionamento digitale di un segnale audio analogico. Se il segnale contiene frequenze più elevate della metà della frequenza di campionamento (nota come frequenza di Nyquist), queste frequenze superiori possono essere erroneamente interpretate come frequenze più basse che verranno riprodotto insieme al suono. Questo errore di interpretazione porta a distorsioni nel segnale audio digitale risultante.

Le soluzioni contro l’aliasing sono le seguenti:

Sovracampionamento

        1. Aumento della Frequenza di Campionamento: Il sovracampionamento aumenta la frequenza di campionamento oltre la frequenza di Nyquist. Questo sposta le frequenze che potrebbero causare aliasing molto più in alto nello spettro, rendendo più facile il loro filtraggio.
        2. Filtraggio più Semplice: Con il sovracampionamento, il filtro passa basso richiesto può avere una pendenza più dolce, il che riduce l’impatto sulle frequenze all’interno della gamma desiderata.
        3. Migliore Qualità del Suono: Il sovracampionamento può migliorare la qualità generale del suono, riducendo l’aliasing e consentendo un filtraggio meno aggressivo.

Filtro Passa Basso

        1. Rimozione delle Alte Frequenze: Un filtro passa basso tradizionale elimina le frequenze superiori alla frequenza di Nyquist prima del campionamento, prevenendo così l’aliasing.
        2. Necessità di Pendenze Ripide: Senza sovracampionamento, i filtri passa basso devono avere pendenze più ripide per evitare l’aliasing, il che può influenzare negativamente le frequenze vicine alla soglia di taglio.
        3. Limitazioni: I filtri passa basso con pendenze ripide possono introdurre altri tipi di distorsioni, come il ringing (fenomeno di Gibbs).

Uso combinato e confronto dei due metodi

        • Complementarietà: Nella pratica, il sovracampionamento e il filtro passa basso sono spesso usati insieme. Il sovracampionamento consente l’uso di filtri passa basso con pendenze più dolci, riducendo gli effetti collaterali indesiderati.
        • Scelta Basata sull’Applicazione: La scelta tra sovracampionamento e filtraggio passa basso tradizionale dipende dall’applicazione specifica, dalle risorse disponibili e dagli obiettivi di qualità del suono.
        • Efficacia nel Contesto: In alcuni contesti, il sovracampionamento può essere più efficace per ridurre l’aliasing mantenendo una qualità del suono elevata. In altri casi, un semplice filtro passa basso potrebbe essere sufficiente, specialmente se le risorse di sistema sono limitate.

Per evitare o attenuare il problema dell’aliasingogni convertitore A/D di buona qualità dovrebbe essere dotato in ingresso di un filtro antialiasing. In mancanza, l’utilizzo di un filtro passa basso con pendenza molto pronunciata, posizionato tra la sorgente in ingresso e il convertitore, potrebbe risolvere il problema. 

Low pass filter. Qui è impostato per un taglio a 12 Kh e una pendenza di 24 db per ottava. Per un uso appropriato in ambito anti aliasing esso dovrebbe avere un pendenza molto ripida (60 db/oct o più) e un taglio alla frequenza di 20 Khz

Low pass filter. Qui è impostato per un taglio a 12 Kh e una pendenza di 24 db per ottava. Per un uso appropriato in ambito anti aliasing esso dovrebbe avere un pendenza molto ripida (60 db/oct o più) e un taglio alla frequenza di 20 Khz

Questa soluzione, come è ovvio, limiterà la risposta in frequenza del programma audio entro i confini della udibilità, la qual cosa ha dei pro e dei contro, che qui di seguito espongo:

PRO – nei sistemi capaci di campionare e riprodurre correttamente frequenze più elevate della gamma udibile, che il filtro anti-aliasing incorporato limiterà a 96 e 192 Khz (secondo il sistema in uso), le frequenze ultrasoniche possono concorrere ad ottenere in zona udibile delle reazioni sotrattive analoghe a ciò che avviene in acustica, contribuendo a colorire in modo più naturale il suono della banda udibile, grazie all’apporto di frequenze e battimenti altrimenti perduti

CONTRO – nei medesimi sampling ad alta frequenza il fonico non potrà avere un controllo acustico sulle eventuali distorsioni indotte ad alta frequenza in fascia non udibile, le quali potrebbero produrre (per sottrazione) armonici indesiderati in zona udibile, creando un degrado notevole della qualità audio, il che è insidioso quanto intollerabile.

Una più efficace azione anti-aliasing si ha per mezzo di un filtro anti aliasing associato ad un processo di oversampling, offerto da convertitori e plugin, sempre consigliabile quando disponibile.

Distorsione Inter Sample e Over Sample

Parlando di aliasing, sappiamo che i convertitori utilizzano un processo di interpolazione tra n.2 sample contigui, al fine di ricreare una simulazione di valori continui di sampling, similmente al sistema analogico.

Ciò produce un arrotondamento verso l’alto dei valori di intensità di due campioni contigui.

Sarà quindi chiaro comprendere che, spingendo un segnale digitale su valori prossimi o pari allo 0 db, l’interpolazione stessa creerà una distorsione.

Tale rischio sarà tanto più grande quanto più bassa sarà la frequenza di campionamento del sampling (e quindi la sua risoluzione), obbligando il sistema a produrre curve di interpolazione più ampie al fine di compensare un divario maggiore tra i due sample contigui.

Inoltre, certi processi della manipolazione audio potrebbero creare dei picchi così rapidi da superare il punto di clipping digitale. 

Qui sopra è schematizzata un’onda digitalizzata, che è definita come risultante delle coordinate di livello espresse dai singoli samples. Il processo di interpolazione interviene per “arrotondare” i valori intorno a tali livelli, in modo da ottenere una più armonica “linea continua virtuale”. Quando un valore digitale sfiorerà il livello di 0 db, tenderà ad introdursi un clipping a causa dello sbordamento in overload dei valori di arrotondamento creati dalla curva di interpolazione.

Qui sopra è schematizzata un’onda digitalizzata, che è definita come risultante delle coordinate di livello espresse dai singoli samples. Il processo di interpolazione interviene per “arrotondare” i valori intorno a tali livelli, in modo da ottenere una più armonica “linea continua virtuale”. Quando un valore digitale sfiorerà il livello di 0 db, tenderà ad introdursi un clipping a causa dello sbordamento in overload dei valori di arrotondamento creati dalla curva di interpolazione.

N.B.

Entrambi i rischi sono particolarmente delicati nel momento in cui si esporta un file audio in seguito ad un processo di mastering.

E anche in caso di conversione e riconversione di un master in e da un formato audio che utilizzi processi di compressione dei dati (mp3, aac, ecc.) sarà possibile incorrere nell’inconveniente di sbordare accidentalmente dal limite di clipping.

DC offset

Nella registrazione audio, un DC offset è una caratteristica non desiderabile di un suono registrato. 

Si verifica nella cattura del suono, prima che raggiunga il registratore, ed è talvolta causato da apparecchiature analogiche obsolete, difettose o di bassa qualità. 

L’offset fa sì che il centro “di equilibrio” della forma d’onda non stia sullo 0 db, bensì ad un valore lievemente più alto o più basso. 

Ciò potrebbe causare due possibili inconvenienti: 

  1. clipping dei picchi, qualora la base della forma d’onda sia stata innalzata – da qui il primo consiglio è di sorvegliare i livelli del programma audio già durante la registrazione, per evitare distorsioni inaspettate
  2. una distorsione a bassa frequenza

Una volta digitalizzato in una traccia audio, l’inconveniente dovrebbe essere eliminato per mezzo di un apposita funzione della Daw, se presente (DC offset removal).

In genere tale funzione ci permetterà anche di analizzare un file “sospetto” al fine di diagnosticare ed eliminare l’inconveniente.

Nel caso in cui la daw ne sia sprovvista, l’applicazione di un filtro passa alto con drastico taglio al di sotto della banda udibile (20 hz o anche molto meno) dovrebbe comunque eliminare il problema.

Oltre al rischio di clipping, la presenza di DC offset potrebbe anche influire sulla risposta di un compressore di dinamica, per cui sarà sempre bene eliminarlo quanto prima.

Rappresentazione di una forma d’onda con DC Offset (sopra) e la stessa normalizzata (sotto).

Rappresentazione di una forma d’onda con DC Offset (sopra) e la stessa normalizzata (sotto).

Il test di Montgomery

Qui di seguito una rapida sintesi di una ricerca effettuata dall’ingegner Christopher Montgomery (creatore del file formato OGG e attento studioso del campionamento audio e della percezione acustica), che ha previsto l’esecuzione di numerosi di test nel corso di un intero anno, coinvolgendo un buon numero di audiofili, tra i quali erano presenti vari “addetti ai lavori”.

Scopo del test era di verificare se un buon numero di ascoltatori esperti fosse realmente in grado di distinguere all’ascolto comparativo tra files audio contenenti il medesimo programma sonoro ma campionati a diverse frequenze di sampling.

RISULTATO DEL TEST

Nessuno dei suddetti ascoltatori esperti riuscì mai a distinguere con attendibile certezza alcuna differenza tra file audio provenienti da sorgenti campionate in altissima definizione, e quelli da essi convertite alle diverse combinazioni di frequenza e numero di bit.

Per quanto riguarda i bit, è da chiarire che il processo di lavorazione di un file audio sottopone quest’ultimo a perdita di dinamica, per cui è consigliabile operare sempre con un elevato numero di bit, potendo così concedere ai processi un ampio margine di tolleranza, al fine di evitare ogni rischio di distorsione.

La riduzione della definizione a 16 bit è ormai tollerabile soltanto al termine del lavoro, tramite un opportuno processo di dithering che minimizzi gli eventuali handicap indotti dalla conversione finale.

Riepilogo conclusivo

      • sarà sufficiente utilizzare le frequenze di 44,1 o di 48 Khz sia nel processo di lavorazione audio che nel produrre file audio destinati all’utente finale
      • qualora le risorse del sistema di registrazione ed elaborazione audio lo rendano possibile, sarà consigliabile utilizzare 88.2 oppure 96 Khz durante la produzione e la successiva manipolazione dell’audio, mentre frequenze superiori risulterebbero sovrabbondanti
      • in particolare, i processi di mastering, non richiedendo un dispendio elevatissimo di risorse alla daw, dovrebbe essere svolti in oversampling, con frequenze doppie di quelle del mix
      • l’utilizzo dei 24 bit o più risulterà indispensabile durante la manipolazione dell’audio e per l’esportazione di un master d’archivio, mentre potrà considerarsi facoltativo il loro utilizzo durante l’esportazione di files destinati all’utenza finale, per la quale operazione i 16 bit risulterebbero assolutamente sufficienti
      • l’utilizzo di sistemi floating point è sempre consigliabile per rendere più pratica, veloce e sicura la gestione dei livelli nella daw

Per quanto attiene alle frequenze di campionamento dei sistemi a 176.4, 192, 352.8 e 384 Khz, considerata la mancanza di ogni riscontro al riguardo della qualità emersa durante i test, lo stesso Montgomery ne decretò la dubbia utilità.

Il suono

Utilizzando per il digitale un appropriato numero di bit e adeguate frequenze di campionamento, al giorno d’oggi non è più possibile definire alcuna superiorità tra il digitale e l’analogico in ambito di pura sonorità, in quanto entrambi offrono vantaggi e criticità molto differenti e per questo motivo poco commensurabili. Tuttavia si cercherà qui di seguito di fare un sintesi per evidenziarne le differenze caratteristiche

  1. Digitale:
    • Pulizia e Chiarezza: I sistemi digitali tendono a produrre registrazioni molto pulite e chiare, con un rumore di fondo quasi inesistente.
    • Fedeltà: Alta fedeltà nella riproduzione del suono originale, con minime colorazioni o alterazioni.
    • Dinamica: Ampio range dinamico, specialmente con formati a 24 bit o superiori. L’escursione dinamica delle sorgenti è fedelmente rispettata
    • Fruscio: Il rumore di fondo del sistema in sé è inesistente, anche se in pratica può essere indotto in piccolissima proporzione dai convertitori in ingresso e in uscita.
  2. Analogico:
    • Calore e Carattere: Le registrazioni analogiche sono spesso descritte come più “calde” e “piene”, con una certa colorazione sonora che può essere esteticamente piacevole, anche se ciò è in realtà un’alterazione, dovuta ad elementi che nulla hanno a che fare con le sorgenti originali, bensì indotta dalle fluttuazioni del nastro e dal processo di distorsione armonica del nastro e delle apparecchiature.
    • Saturazione Naturale: Quando il nastro viene sovraccaricato, produce una saturazione armonica che molti trovano musicalmente gradevole.
    • Dinamica: Il range dinamico è generalmente più limitato rispetto al digitale; ad alti valori dinamici le sorgenti tendono ad essere leggermente compresse sia a causa della relativa saturazione dei preamplificatori e dello “sforzo di contenimento dinamico” del nastro magnetico.
    • Fruscio: l rumore di fondo (come il sibilo del nastro) può essere più evidente, tuttavia quando esso è al di sotto del livello di udibilità contribuisce a colorare il suono, che risulta così più sporco ma anche arricchito in pienezza timbrica.

Il futuro del digitale

La storia di ogni tecnologia ci insegna che i processi tradizionali raggiungono un culmine invalicabile di evoluzione, mentre nuovi processi muovono i primi modesti passi.

Così è stato per l’analogico che, alla comparsa del digitale, risultava indiscutibilmente superiore ad esso quasi sotto ogni profilo. 

Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un affiancamento qualitativo delle due tecnologie, pur con le diversità che suggeriscono la possibilità di una intelligente interazione tra i due mondi.

Nel futuro sarà inevitabile che il digitale prenda quasi totalmente il posto dell’analogico, in quanto riuscirà sempre meglio ad emularne le qualità ed il carattere (lo sta già facendo), sviluppandone altresì di nuove ed esclusive, governabili per mezzo degli indubbi e notevoli vantaggi pratici insiti nella gestione digitale.

Mille sono le “leggende metropolitane” che accompagnano tante apparecchiature di tipo tradizionale che, quando dotate di indubbia eccellente qualità, sono spesso considerate “mitologiche”, talvolta sorpassando col mito la realtà oggettiva.

Aldilà della qualità, il colore speciale di un equalizzatore hardware è qualcosa di unico, e così pure la progressiva reattività indotta da un processore dinamico valvolare.

Quanto sopra giustifica l’affezione e il culto di molti fonici, che continuano a preferirne l’utilizzo.

La qualità e il successo dei processori analogici di alto livello è confermata anche dallo sforzo profuso da molti progettisti di software, al fine di emulare gli apparecchi hardware più celebrati, progettandoli in forma di plugin, con risultati talvolta sorprendenti.

Un parere personale

Avendo potuto operare, all’inizio delle mie esperienze, in ambito di registrazione analogica, capisco che a molti fonici piaccia la dimensione sonora determinata dal nastro magnetico e dai processori hardware.

In tale ambito, però, ogni onesta comparazione è spesso alterata dalle preferenze individuali, mentre ciò che conta è la ricerca della qualità oggettiva finalizzata allo scopo da raggiungere.

Per quanto attiene al processing, ho avuto varie occasioni di effettuare confronti diretti tra le prestazioni di alcuni dei migliori processori analogici e i più raffinati plugin digitali installati nelle migliori DAW.

Spesso ho preferito il digitale nell’ambito del controllo tonale e talvolta anche in quello dinamico, mentre in altri casi è avvenuto il contrario.

In generale, potrei affermare che:

gli equalizzatori digitali di tipo preciso sono generalmente preferibili in ambito di equalizzazione di tipo chirurgico, ad esempio durante le fasi preliminari dell’equalizzazione finalizzata a ripulire il suono da risonanze indesiderate, grazie alla loro precisione millimetrica nel localizzare e controllare lo spettro tonale in maniera altamente selettiva, senza introdurre alcun tipo di colorazione; essi sono anche spesso preferibili nelle operazioni di colorazione timbrica di tipo passivo, cioè quando sono utilizzati per attenuare un gruppo di frequenze

in funzione di colorazione timbrica attiva, laddove cioè si cerca di amplificare una fascia tonale, arrivo spesso a risultati più soddisfacenti con gli eq analogici ma anche coi loro emuli digitali (uso spesso Neve e Pultec), alcuni dei quali conducono a risultati oramai impressionanti anche in ambito di rispondenza al corrispondente modello hardware.

in ambito dinamico potrei forse dire che i compressori digitali di tipo preciso permettono un controllo dettagliato e neutro della dinamica generale delle tracce, mentre i compressori analogici e i loro emuli digitali, pur meno precisi, tendono a smussare le angolosità dinamiche in maniera più “adattabile” e ad arricchire lo spettro armonico in maniera modulata, contribuendo a rendere il suono ricco, grintoso e caldo.

Immagine del celebre compressore hardware Universal Audio 1176 (sopra) e di due versioni del suo emulo nella versione di Waves, il CLA-76.

Immagine del celebre compressore hardware Universal Audio 1176 (sopra) e di due versioni del suo emulo nella versione di Waves, il CLA-76.

Alcune macchine analogiche di pregio hanno inoltre il loro esclusivo e piacevole “colore”, che alcuni tra i meglio riusciti emulatori in forma di plugin ci hanno in parte restituito.

Di conseguenza, allo stato attuale la scelta dipenderà dal caso specifico da trattare, dai gusti personali, dal budget disponibile, dalla capacità di gestire le problematiche differenti insite sia nel digitale che nell’analogico.

Come al solito, la mancanza di alcun pregiudizio sarà la migliore guida per le scelte e permetterà di costruire un allestimento “misto”, che preveda l’integrazione di alcuni elementi analogici in un moderno contesto digitale.

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